Ci mancavano pure loro: gli hacker di impronte digitali.

Premettiamo, tanto per tirare un sospiro di sollievo, che si tratta di uno studio, un esperimento.

In ogni caso la notizia non è rassicurante.

Partiamo da un assioma: l’impronta digitale è unica.

Sì. Ma non irripetibile.

Succede sempre più spesso che quando un concetto lo diamo per assodato e certo, si faccia davvero fatica a metterlo in discussione.

Così succede per l’uso dell’impronta digitale al posto delle password. Niente di più sicuro di un’impronta che è solo mia. Vero.

Purtroppo può essere copiata. Potenzialmente ci possono essere hacker di impronte digitali.

La notizia viene dal sito Kraken, il principale canale di scambio di criptovalute mondiale.

Non sembra poi così difficile ‘riprodurre’ fedelmente un’impronta digitale. Quante impronte lasciamo quotidianamente su pc, telefoni, maniglie, bicchieri, etc. Basta una foto dell’impronta, photoshop, una stampa su acetato, una colla e l’impronta fittizia diventa realtà e potenzialmente assume tutte le caratteristiche di una minaccia molto seria per i nostri dati.

Nel rilanciare questa notizia ci siamo assicurati che ci fosse un risvolto positivo, una risposta o soluzione alla minaccia paventata.

L’unica soluzione che Kraken propone e che ci sembra sensata, è che l’uso dell’impronta digitale deve essere usata non al posto della password, ma come secondo passaggio di sicurezza. Deve essere uno dei due passaggi del 2FA, l’autenticazione a due fattori.

Ben detto.

Se vuoi approfondire:

Articolo del Corriere della Sera: vai

Articolo su Kraken: vai