Il 16 aprile scorso il Garante ha bocciato l’utilizzo del sistema Sari Real Time da parte del Ministero dell’interno.

Non c’è una base giuridica che giustifichi un trattamento automatizzato dei dati biometrici per il riconoscimento facciale a fini di sicurezza. Il rischio sarebbe quello di realizzare una forma di sorveglianza indiscriminata/di massa.

Sari Real Time funzionerebbe così: telecamere installate in aree definite che analizzano, in tempo reale, i volti delle persone presenti e confrontarli con una banca dati.

In caso di ‘corrispondenza’ si attiva un alert presso le Forze di Polizia.

La cancellazione delle immagini dei volti “senza corrispondenza” non sembra aver tranquillizzato il Garante a sufficienza. 

Nel comunicato stampa si legge che “una base normativa adeguata dovrebbe tener conto di tutti i diritti e le libertà coinvolte e definire le situazioni in cui è possibile l’uso di tali sistemi, senza lasciare una discrezionalità ampia a chi lo utilizza”. Il rischio? Falsi positivi, ad esempio..

Invariato invece l’uso di SARI non “Real Time”. Si tratta sempre di un sistema di riconoscimento facciale di proprietà dell’azienda leccese Parsec 3.26, in uso alla Polizia dal 2017, che consente la comparazione (non in tempo reale) delle immagini delle videocamere di sorveglianza con le immagini contenute nella Banca Dati A.F.I.S., il “Sistema Automatizzato di Identificazione delle Impronte”.